Sensibilità fragilità e antifragilità: le differenze

Sensibilità e fragilità: perché spesso vengono confuse

L’impronta di oggi nasce dalla grande confusione che esiste nel parlare di sensibilità e fragilità. Pochi giorni fa, per l’ennesima volta, mi sono sentito dire da una persona in uno stato di sofferenza emotiva: “eh, ma sai, io purtroppo sono molto sensibile!”

In questa frase sono condensati tutti gli errori e i fraintendimenti più comuni nell’interpretare sensibilità e fragilità.

In questo articolo cercherò di spiegare perché non solo è sbagliato accomunare questi due aspetti della personalità, ma anche perché è altamente dannoso. Infatti, per chiunque si stia muovendo su un percorso di crescita e di auto-osservazione, fraintendere sensibilità e fragilità equivale a non comprendere la differenza che vi è fra la luce e le tenebre. 

Il motivo principale per cui questi due attributi vengono confusi è perché chi è più sensibile è più portato alla fragilità, ma si può benissimo essere molto sensibili senza essere fragili.

Anzi, è proprio uno dei più importanti obiettivi del ricercatore spirituale diventare sempre più sensibile trasformando la propria fragilità in forza. Se avrai pazienza di continuare a leggere ti spiego perché passo a passo. 

un uomo piange con le mani sul viso inginocchiato. sensibilità e fragilità spesso vengono confuse
Photo by Francisco Gonzales on unsplash

Chi è fragile è anche sensibile ma…

Come ho anticipato sopra, chi soffre di fragilità emotiva ovviamente è dotato di una spiccata sensibilità. Per usare una metafora molto chiara, per soffrire di un dolore fisico devo essere sensibile al dolore stesso.

Quindi la frase: “soffro perché sono sensibile” non è del tutto sbagliata, ma contiene un grave errore che porta a peggiorare la situazione.

L’errore è credere che chi è sensibile soffra necessariamente. Vedere un rapporto causa-effetto fra sensibilità e fragilità.

Tornando alla metafora del dolore fisico sembrerebbe quindi che chi sente meglio il dolore lo subisca anche maggiormente. Questo non è assolutamente vero, ci sono persone che sentono molto bene il dolore ma riescono a gestirlo e a dissociarsene abilmente. Altri, dotati di una sensibilità del dolore relativamente più bassa, sono invece intolleranti al male fisico. Non appena lo percepiscono vanno in crisi e devono imbottirsi di antidolorifici.

A questo punto siamo arrivati al primo punto fondamentale di questa impronta:

una cosa è sentire, tutt’altra cosa è subire.

una donna a occhi chiusi percepisce il sole sul viso. La sensibilità è una qualità diversa dalla fragilità
Photo by Cris Trung on unsplash

Percepire è diverso da subire 

Arriviamo dritti al nocciolo della questione: l’aspetto più importante per un “guerriero spirituale”. 

Un lavoro di crescita e di “espansione della coscienza” presuppone l’allenamento e lo sviluppo del sentire.

Questo significa aprire il proprio cuore, sviluppare la sensibilità delle “porte della percezione” sia fisiche che sottili.

In poche parole uno degli obiettivi più alti della nostra vita è quello di aumentare e sviluppare la nostra sensibilità. Sentire di più equivale ad avere più informazioni, ad ampliare lo spettro di frequenze che siamo in grado di percepire e quindi comprendere il mondo che ci circonda.

Quando sono in grado di sentire, di percepire senza farmi dominare dalle mie reazioni emotive ho aumentato il mio potere. Per potere si intende capacità di comprensione della realtà e di aiuto a sé stessi e agli altri.

Diverso è sentire, avvertire, comprendere, lasciandosi travolgere da ciò che si rileva.

Nel momento in cui subisco ciò che sento vengo automaticamente “fatto fuori”. In una condizione di sofferenza cronica, infatti, prima di tutto non posso agire, né avere la lucidità per aiutare me stesso, men che meno gli altri.

una donna si lascia annegare sott'acqua. la fragilità ci toglie potere personale
Photo by Christopher Campbell on unsplash

Il pericoloso orgoglio di sentirsi fragili

Vi è un ulteriore importante tassello da aggiungere a quelli elencati finora. Spesso chi si dichiara “sensibile” e per questo sofferente, esprime anche una sorta di superbia. E’ come se dichiararsi sensibili, nel senso di fragili, facesse sentire molte persone migliori di chi non lo è.

Questo atteggiamento rappresenta un loop pericoloso perché è difficile uscirne.

Infatti percepirsi “vittime” della propria sensibilità ci fa sentire nel giusto e nell’innocenza. E’ un po’ come tornare bambini inermi che subiscono una qualche forma di angheria.

Inoltre, chi si trova in questa situazione, spesso giudica chi è meno fragile e più solido come egoista o cinico.

Il senso di colpa del non sentirsi fragili

Se associamo questi due aspetti è facile comprendere come una persona che ha queste immagini e credo nella mente, nel caso si trovasse libera dal suo stato di fragilità sarebbe sommersa da sensi di colpa.

Ciò è particolarmente evidente in occasione della messa in scena di alcune costellazioni familiari. Capita, infatti, che si veda chiaramente come alcune persone rimangano intrappolate nella loro immagine infantile e innocente in cui subivano quotidianamente ciò che accadeva attorno a loro. La frase segreta che agisce nell’inconscio in questo caso è:

“io soffro perché sono innocente e soffrendo nessuno mi può accusare o attaccare”. 

Arrivati a questo punto potrai comprendere come una persona in uno stato di sofferenza non sia né migliore né peggiore delle altre, semplicemente si ritrova bloccata e inerme, senza potere personale.

Bambino piange guardando da dietro le sbarre del suo lettino. I traumi del bambino interiore giustificano spesso il perché si odia il Natale.
Photo by Tadeus Lakota on unsplash

Dalla fragilità all’antifragilità

Come ho già trattato sopra, uno degli obiettivi più alti di un percorso di crescita è quello di aumentare la propria capacità di sentire senza lasciarsi travolgere da ciò che si percepisce. In questo potremmo vedere la classica figura dell’osservatore distaccato.

Attenzione: distacco in questo caso non è sinonimo di cinismo.

All’ottava alta essere un osservatore distaccato significa essere in grado di sentire senza lasciarsi intaccare da ciò che si osserva. 

“Se le acque sono calme, riflettono la luna. Allo stesso modo, se noi ci plachiamo, riflettiamo il divino.”

Lao Tse 

Ma vi è di più.

Non solo è possibile non farsi abbattere dalle difficoltà della vita, ma farle diventare il nostro carburante, usarle per la nostra crescita e prosperità.

“Il robusto sopporta gli shock e rimane uguale a se stesso, l’antifragile li desidera, e se ne nutre per crescere e migliorare.”

Nassim Nicholas Taleb

Come è possibile arrivare a questo stato di coscienza? Nell’interessantissimo libro proposto sotto in bibliografia, “Antifragile”, l’autore illustra come in natura l’evoluzione tragga giovamento dal caos, dal disordine e dalla volatilità.

Il testo ci aiuta a comprendere come grazie al principio di antifragilità il nostro corpo si protegge dalle malattie, le specie viventi si evolvono, la libertà d’impresa crea prosperità e il genio si trasforma in innovazione.

Il percorso non è immediato, ma se si vuole iniziare a comprendere questo processo basti pensare come è possibile trasformare le difficoltà della vita in momenti di riflessione, di conoscenza di sé e di grande evoluzione. (leggi l’impronta sulle difficoltà della vita)

Uno dei primi fondamentali passi è sicuramente quello di non giudicare le persone antifragili come “ciniche” o “opportuniste”, bensì come meglio adattate alla vita. Da loro possiamo imparare molto per progredire, prosperare e, in questo modo, essere di aiuto al mondo e agli altri.

la luna si specchia in un lago con una figura umana sullo sfondo. Percepire è come riflettere la luce
Photo by Tony Detroit on unsplash

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Bibliografia consigliata:

copertina del libro: antifragile
Antifragile

Prosperare nel disordine - Nassim Nicholas Taleb

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