La presenza mentale salva la vita? Il sapere stare nel qui e ora, l’essere totalmente radicati nell’attimo quando siamo alla guida può fare la differenza? Decisamente Sì.
Questa impronta nasce da un’esperienza che ho vissuto personalmente pochi giorni fa: ho visto di fronte a me accadere un grave tamponamento a catena in autostrada senza esserne coinvolto. Dopo questa esperienza posso affermare che la presenza mentale salva effettivamente la vita.
Vale più un’esperienza di pochi secondi rispetto a mille ore di teoria, quindi ho deciso di condividere la lezione che ho vissuto. Mi auguro che possa essere motivo di riflessione e condivisione.
Intanto se vuoi saperne di più sulla presenza leggi l’impronta che le ho dedicato 💙
GUIDARE:UNA DELLE AZIONI PIU’ RISCHIOSE DELLA NOSTRA VITA
Sono quasi 30 anni che guido e, a occhio e croce, dovrei avere percorso circa 900.000 km. In questo frangente di spazio/tempo ho rischiato la vita almeno tre volte. Guidare è in assoluto l’attività più rischiosa che pratico. Questo dato è comune alla maggior parte delle persone che utilizzano l’automobile o altri mezzi su strada.
- La prima domanda che mi pongo è: perché non percepiamo questo rischio e non manteniamo quindi un atteggiamento ligio e prudente alla guida?
Siamo nel campo delle percezioni e sappiamo che la consuetudine, l’abitudine, la ripetizione di un’esperienza tende a farci abbassare la consapevolezza dei rischi. Ma non è tutto e riprenderò questo argomento in altre impronte specialmente riguardo le “forme pensiero” e le “euristiche” argomenti che spiegano bene il perchè di certi comportamenti alla guida.
- La seconda domanda che mi pongo è: possiamo attuare un comportamento vigile, ligio e attento alla guida, cioè un comportamento specifico necessario alla nostra sicurezza in un ambito specifico se non lo alleniamo e lo sviluppiamo costantemente? invertendo i termini: posso essere un autista responsabile se fuori dall’auto sono costantemente perso nei miei pensieri e distrazioni? Può la consapevolezza che la presenza mentale salva la vita stimolarmi nella pratica costante dell’essere presente?
L’INCIDENTE E LA PRESENZA MENTALE
Veniamo all’episodio avvenuto pochi giorni fa.
Sto viaggiando in autostrada da Trento diretto nel parmense insieme a mia moglie Ala per realizzare una serata pubblica con cena persiana. Siamo sull’A4 in direzione Milano e il traffico è piuttosto intenso. Viaggio a circa 130 km/h sulla terza corsia cercando di mantenere la distanza di sicurezza dall’auto che mi precede e nel frattempo parlo con Ala di vari argomenti. A un certo punto noto che gli automobilisti hanno particolarmente fretta, più di uno mi sorpassa con manovre spericolate per mettersi davanti a me introducendosi nella mia distanza di sicurezza.
L’istinto, la forma pensiero
In quel momento percepisco la “forma pensiero” della competizione e istintivamente sento il richiamo a mia volta a non farmi sorpassare e a ridurre la distanza dinnanzi a me.
Come percepisco questo richiamo così non gli obbedisco, mi osservo e mi rilasso.
Pochi istanti dopo vedo l’auto davanti a me accelerare e allontanarsi mentre le auto che la precedono frenano attivando le luci degli stop. Istintivamente rallento percependo una situazione sempre più pericolosa.
l’impatto
Improvvisamente vediamo le auto davanti a noi frenare e rompersi in mille pezzi. La sensazione condivisa successivamente è che esplodessero.
Freno immediatamente con la consapevolezza che probabilmente arriverà una collisione da dietro.
La situazione vuole che io abbia la giusta distanza per frenare in tempo mentre l’auto di fronte a me rimane coinvolta nell’incidente facendo un testa-coda di 180° e che nessuno ci colpisca da dietro.
Il tutto dura pochissimi secondi, giusto il tempo di vedere le immagini delle auto distrutte e valutare di disimpegnarmi facendo lo zig zag fra i mezzi coinvolti e uscire da quella situazione di pericolo. Abbiamo anche il tempo di vedere che grazie al cielo nessuno sembra grave: nessuna auto capovolta, solo tamponamenti.
L’osservazione
Le considerazioni che sto scrivendo sono frutto della rielaborazione e della presa di coscienza nei giorni successivi di quanto accaduto. In quegli attimi non esiste spazio di riflessione, di manovra, tutto accade in base a come siamo, al nostro livello di coscienza e di presenza.
La premessa è che in questo articolo non è mia intenzione esprimere giudizi o assumere toni moralistici ma cercare di esaminare e comprendere cosa generi un incidente di questo tipo partendo dal nostro stato interiore.
Cosa ho visto dallo stato di presenza
Prima di tutto ho riflettuto su quanto ho osservato precedentemente all’incidente: ho visto molte persone guidare con un comportamento estremamente pericoloso senza averne coscienza. Guidare ai 130 km/h facendo manovre spericolate e senza rispettare le distanze di sicurezza può comportare rischi ben superiori ad arrampicare su una parete senza corda e sistemi di sicurezza. La differenza è che nel primo caso non se ne percepisce il rischio.
Il comportamento alla guida della maggior parte delle persone di ogni età assomiglia più a quello di bambini che guidano gli autoscontro che di adulti consapevoli.
Dirò di più: chi guida spesso nel traffico converrà che questa è la “norma” non nel senso che è un atteggiamento normale, anzi, ma è molto comune.
cosa ho vissuto
Il vero tesoro, la vera lezione è stato osservare me stesso e imparare alcune cose su come funzionano i nostri automatismi.
Premetto che non sono una persona con un altro livello di presenza, il cammino è veramente lungo e impegnativo.
- Il primo dato è stato verificare che guido con una discreta attenzione: nel momento dell’incidente stavo chiacchierando ma la mia attenzione era divisa e una parte era costantemente attenta a cosa succedeva all’esterno.
- Il secondo aspetto è stato sentire lo stimolo, la “forma pensiero” della competizione agire su di me e per un breve periodo coinvolgermi.
- Il terzo e determinante aspetto è stato quello di rimanere nella presenza, nel percepire il rischio in atto e nell’agire velocemente e senza emotività in quello che era anche col senno di poi l’azione migliore da attuare in quella situazione.Lo stato di presenza non si improvvisa è il risultato di un costante lavoro su di sé e a volte salva la vita.
Passato l’evento è rimasta certo impressa la scena da film vissuta in pochissimi secondi ma a livello emotivo tutto è scivolato via velocemente. Il viaggio è proseguito con la solita fiducia che ogni cosa che accade contiene un suo perchè e una sua lezione da apprendere.
LA LEZIONE PER ME
La lezione arrivatami forte e chiara e che ho il piacere di condividere in questi giorni precedenti il grande esodo delle vacanze è l’invito costante alla presenza.
La mia prima riflessione dopo l’incidente è stata rivolta alla necessità di allenarsi nel vivere con una mente sgombera e pulita. Certamente ho subito ringraziato di essermi “trovato” pronto in quell’istante, ma ho sentito il richiamo e la spinta a fare molto di più.
bastonate zen
La pratica della presenza è un percorso impegnativo e lungo, il percorso di una vita. Spesso è la vita stessa a darci delle bastonate esattamente come i maestri di meditazione zen facevano con gli allievi, per richiamarci.
Ponendomi da osservatore di me stesso ho anche sentito e solo in parte subìto l’atteggiamento competitivo. Di questo tratterò nello specifico quando parlerò delle forme pensiero.
l’auspicio
In questi giorni di grande traffico e caldo che precedono l’esodo delle vacanze, mi auguro prima di tutto che questa impronte possa risultare di ispirazione e fonte di riflessione per chi si dovrà mettere al volante. Mi auguro anche che possa essere condivisa e diffusa perché possa risultare quanto più utile possibile.
Lo stress, la fatica e il rischio legato alla guida possono essere una grandissima opportunità di crescita, osservazione di sé ed evoluzione personale.
I dati statistici ci dicono che circa il 75% degli incidenti avvengono per “distrazione”. Sembra quindi che siano i nostri comportamenti a metterci a rischio: uso del cellulare, radio, discussioni, ecc.
A mio avviso non è centrato il punto.
I comportamenti in auto sono una conseguenza e non una causa.
I comportamenti scorretti sono una conseguenza e una concausa di un’atteggiamento di assenza mentale, di uno stato “confusionale” dovuto alla mancanza di focalizzazione e di centratura.
Si parla di inasprimento delle sanzioni per comportamenti scorretti e di sviluppo di tecnologie che riducano gli incidenti: auto intelligenti in grado di guidare autonomamente.
Se si andrà in questa direzione gli incidenti diminuiranno di certo ma
ci troveremo auto “intelligenti” che trasportano persone ottuse, assenti, costantemente distratte nel caos della loro mente.
Lo stato di presenza mentale, di contro, non solo in certi casi salva la vita, ma modifica in meglio tutti gli aspetti della nostra esistenza.
Perchè quindi non cogliere l’opportunità di guidare osservando sé stessi e lavorando su di sé al fine non solo di migliorare la sicurezza stradale, ma perseverando su questa via di crescita e di autorealizzazione?
Se credi che questa testimonianza possa essere utile condividila
Bibliografia consigliata:
il miracolo della presenza mentale
Un manuale di meditazione - Thich Nhat Hanh