Lo sherpa lasciato morire: le responsabilità karmiche – 2° parte

Le responsabilità riguardo la morte dello sherpa

Parlando del caso di Mohammad Hassan, lo sherpa lasciato morire sul k2, non è possibile identificare un unico responsabile ma una “catena di responsabilità”.

Chi sono i carnefici?

In questo caso la gamma è ampia e in parte dipende anche dalla storia dell’esplorazione himalayana e degli sherpa.

Di seguito:

    • L’agenzia per cui Hassan lavorava e che lo ha mandato irresponsabilmente a lavorare sopra gli 8000 metri senza formazione ed equipaggiamento adatti.
    • Tutte le persone che lo hanno visto morente e che hanno proseguito per la vetta. Il concetto di “omissione di soccorso” non è solo un principio legale ma anche spirituale. Se sono testimone di un incidente e proseguo come se niente fosse porterò il peso di questa scelta nella mia coscienza. Inoltre tutte le persone che quel giorno hanno raggiunto la vetta hanno beneficiato del lavoro e del sacrificio di Hassan, gli sono quindi debitori.
    • Kristin Harila l’alpinista norvegese, in particolare, avendo conseguito un record storico, si è avvantaggiata più di tutti di questo sacrificio. 
    • Lo stesso Mohammad Hassan ha deciso di prendersi l’enorme rischio di salire verso la cima del K2 senza esperienza adeguata. L’uomo, pur spinto dalle necessità economiche, ha scelto di rischiare la vita a favore della sua famiglia. Si è sacrificato per sostenere i suoi familiari. 
    • Lo sfruttamento storico degli sherpa principalmente da parte degli alpinisti europei. Anche se attualmente la situazione è molto migliorata, gli sherpa sono spesso stati sacrificati a favore delle esplorazioni europee. Oggi, con la moda delle spedizioni commerciali e i tanti soldi che girano attorno agli 8000, gli sherpa sono ancora spesso trattati come umani di serie b.
uno sherpa con il suo carico sull'Himalaya: Mohammad Hassan, lo sherpa lasciato morire sul k2 era addetto alla parte alta della via
Photo by karthik thoguluva on unsplash

Le possibili conseguenze sistemiche a seguito della morte dello sherpa

Dalle costellazioni familiari impariamo che quando non si riconosce e bilancia la propria responsabilità o colpa, questa ricade sul proprio sistema familiare o sulla propria organizzazione.

In particolare quando vi è una vittima, una persona “sacrificata” per un successo, questo diventa un “escluso”.

In questo caso la definizione di “escluso” per lo sherpa Hassan definisce il fatto che non sia stato tentato il tutto e per tutto per salvarlo e non sia stato riconosciuto e onorato pienamente il valore del suo sacrificio.

Nel momento in cui qualcuno paga un prezzo così alto di cui si avvantaggiano altri, entra a tutti gli effetti nel sistema familiare di questi andando a condizionare potenzialmente il futuro di tali sistemi.

Stando le cose in questo modo le possibili conseguenze sono:

    • Nella famiglia dello sherpa lui è qualcuno che si è sacrificato per il bene della famiglia. Il “rischio” quindi è che qualche suo discendente si faccia carico del suo tragico destino per riconoscere il suo gesto di amore estremo.
    • La norvegese Kristin Harila prima di tutti gli altri alpinisti, in quanto detentrice dello storico record, è colei che principalmente ha “escluso” lo sherpa. Per questo motivo il suo sistema familiare risultato “debitore” nei confronti del sistema familiare di Hassan. Il primo ha guadagnato un record e fama mondiale, il secondo ha perso un figlio, un marito, un padre di famiglia e il suo sostentamento economico. Anche in questo caso, nel sistema familiare di Harila, qualcuno potrebbe farsi carico di rappresentare Mohammad Hassan in futuro per ricordare il suo sacrificio e il suo mancato riconoscimento.

Le conseguenze della morte dello sherpa sul sistema di lavoro e di popoli

    • L’agenzia per cui lavorava lo sherpa potrebbe avere problemi di natura economica, organizzativa. Inoltre i titolari, o i loro discendenti, potrebbero trovarsi ad avere gravi problemi nei loro sistemi familiari a seguito della mancanza di rispetto per la protezione delle vite umane al loro servizio. Non mi stupirei se già esistessero di questi problemi visto che molte di queste agenzie lavorano storicamente in questo modo ed è alta la probabilità che già altri morti pesino sul loro karma.
    • Vi è infine un irretimento o “karma di popolo” che riguarda il rapporto storico fra gli europei e gli sherpa hamalayani. In questo rapporto vi è l’esclusione e il mancato rispetto e riconoscimento degli sherpa al servizio degli esploratori europei. Questo genere di irretimento può manifestarsi periodicamente nel sacrificio di alpinisti europei o di loro familiari che inconsciamente si fanno carico di rappresentare i drammi subiti dai portatori pakistani.

Le possibili soluzioni

Veniamo ora a elencare le possibili soluzioni sistemiche che potrebbero essere messe in atto per riconoscere le responsabilità dell’accaduto:

    • Nella famiglia di Hassan andrebbe riconosciuto e onorato il sacrificio di Mohammad. In questo riconoscimento andrebbe anche accettato e onorato il suo destino di eroismo familiare. Con questa forma di accettazione si lascerebbe così anche andare ogni possibile forma di irretimento futuro. L’irretimento nasce spesso da un senso di “ingiustizia” percepito a livello sistemico familiare.
    • Gli alpinisti presenti che hanno anteposto il loro successo alla vita di Hassan, in primis la norvegese Harila, dovrebbero trovare il modo di rendere onore e porgere le loro scuse allo sherpa e alla sua famiglia. Ci sono vari modi fra cui quelli già citati. Riconoscimento, risarcimenti, ecc. Più di tutti, però, sarebbe rinunciare all’obiettivo conseguito, annullare la prestazione.  In caso contrario questa sarà comunque per sempre macchiata da questa morte e rimarrà impressa fino al suo riconoscimento nei loro sistemi familiari.

Le soluzioni possibili per l’organizzazione di lavoro e il rapporto fra popoli

    • L’agenzia per cui lavorava Hassan dovrebbe rendere onore simbolicamente alla perdita del lavoratore. Inoltre dovrebbe risarcire la sua famiglia in modo adeguato porgendo le proprie scuse. In questo modo si farebbe carico delle proprie responsabilità e colpe. Tale operazione andrebbe fatta anche simbolicamente a favore di tutti i morti e feriti che sono stati al loro servizio. Questo dovrebbe inoltre modificare le politiche di lavoro puntando sulla formazione e sulla sicurezza dei suoi lavoratori.
    • Per quanto riguarda il rapporto fra europei e sherpa vi sono varie azioni possibili fra cui alcune simboliche e altre pratiche. Il debito karmico europeo potrebbe prima di tutto essere affrontato con una cerimonia internazionale a favore di tutte le vittime della storia fra i portatori. A questo gesto potrebbero fare seguito, come in parte già sta avvenendo, iniziative per migliorare le condizioni di vita e di lavoro di questo popolo. L’iniziativa sarebbe bene fosse portata avanti da chi si è avvantaggiato del loro servizio: nazioni, organizzazioni, agenzie. 
immagine della Hunza Valley
Hunza Valley: Photo by shuttergames on unsplash

Il gioco del destino per Harila

Un’ultima considerazione su questa vicenda la voglio fare a proposito del sogno di Harila.

Questa grande alpinista si è trovata a vivere con tutta sé stessa il sogno di compiere tutti e 14 gli 8000 in soli tre mesi. La Harila è arrivata a vendere la propria casa per realizzarla. Lei ha voluto investire tutta sé stessa per realizzare il suo progetto.

La vita le ha posto di fronte una scelta e l’ha messa alla prova.

E’ come se, a un passo dalla realizzazione del suo sogno le fosse stato chiesto:

cosa è più importante per te, una vita umana o il tuo sogno? Sei disposta a farti carico del peso di una vittima?

La norvegese non si è fatta distrarre da quest’ultimo bivio e ha proseguito. 

Cosa si sarebbe potuto fare?

Nessuno sa se lo sherpa si sarebbe potuto salvare, ma di certo un tentativo di salvataggio era possibile. L’unica possibilità sarebbe stata quella di un soccorso collettivo. Se tutti i presenti avessero rinunciato alla vetta per organizzare il tentativo di salvataggio di Mohammad Hassan, egli avrebbe avuto una possibilità.

Indipendentemente dalla sua sopravvivenza, i presenti non si sarebbero fatti carico karmicamente della sua sicura condanna a morte.

Personalmente sono certo che una rinuncia materiale di questo tipo avrebbe arricchito e ricompensato a livello sottile e non solo tutti i partecipanti dell’ascensione al K2. 

Bibliografia consigliata:

copertina del libro: Sherpa, i custodi dell'Everest

SHERPA I custodi dell'Everest - Pradeep Bashyal, Andkit Babu Adhikari

Il richiamo del k2

La dura lezione della montagna - Tamara Lunger

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